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La rete ha qualcosa di magico. Connette, contamina, diffonde. Confonde. Questo è un nodo fra tanti, per aggiungere magia a magia.


1.6.04


Pausa

Riprendo fra un paio di giorni. Intanto posto parole non mie, che mi hanno colpito assai. Secondo una certa corrente filosofica l'apprendistato linguistico delle donne avviene per via materna, e la letteratura femminile sarebbe caratterizzata da un linguaggio a sé stante, diverso da quello su cui si fonda la scrittura maschile. A leggere Paola Lovisolo, negli inediti pubblicati nella rivista elettronica Bollettino '900 l'impressione è proprio questa, di una lingua 'nuova', di un pensiero femminile 'altro'.

Omne male percusiccio omne malestravalcaticcio
omne male fantasmaticcio d'eco el toglia
et la terra l'arecoglia et non noccia ad cristiano.

ecco una delle formule magiche per sanare i mali,
imparando straniera in terra tonda,
immigrata nella mania di mostrare il culo e l'anima,
di dire sempre che senza zucchero, inzaccherato zucchero
mancina, offesa nella forgia spenta della tua tristezza.
una cosa necessaria, una pentola acqua e bicarbonato
per alleviare le tinte dal tuo letto a mezzadria incolta,
senza pretese nemmeno di disfarsi.
una formula magica trasforma in papera l'imparagonabile
che sta nella cronologia di crudele a sfondo nero.
omne male girati al sale, appendi le spalle e fatti cadere:
sei morta? scanna calami aromatici nel porcile rumoroso
di tutte le ore che passate: io sono cosa(?), non c'è paragone
con la linea retta ma non posso ancora aspirarmi i noduli beffardi
che corrugano le tue nevrosi metriche.

et la terra l'arecoglia (omè) et non noccia ad cristiano fino
a dopo le ore canoniche, cristiano fachiro ungulato, di sbieco,
in un affacciarsi lontano dai luoghi comuni, comune.
voglio un'urna che resti tra le fauci del tuo duello sorridere,
voglio restare una mano magra fotografata sulla tua guancia,
voglio un porco che mi indichi i tartufi da mandarti e voglio
un'impalatore che sappia attraversare i muri.
voglio te mi espianti l'eco dalla trachea e che nel tuo pitale
rimangano i miei denti, l'orecchino e qualche soffio
e che al pene tu racconti tra un giorno, quanti ferri siano arruginiti
negli incontri opposti
et la terra e il fumo mi attraverseranno come frange e le tue braccia
solenni
fino ai miei piedi strapperanno le caviglie che cucirai ai polsini di
camicie

da battesimo...

e pura devastata, piegato il bavaglio sul omero del sentiero,
et la terra l'arecoglia queste alabarde rosa e questo buco ombrofobo
teneramente millenario che canta picche sul campo dell'obbedienza.