La rete ha qualcosa di magico. Connette, contamina, diffonde. Confonde. Questo è un nodo fra tanti, per aggiungere magia a magia.
14.4.05
Identità e altri mostri
Questo è un post autolesionista. Lo anticipo ancor prima di scriverlo (perché più o meno so quel che sto per scrivere ...). Vien fuori da alcune riflessioni degli ultimi giorni (stimolate anche da chi ne sa parecchio più di me sul punto). Riguarda sostanzialmente la percezione di noi stessi e degli altri, all'interno della rete (e - in realtà - non solo). Sono le solite domande trite e ritrite: chi siamo, cosa vogliamo, dove andiamo (in qualità di blogger, è chiaro)? Sono le domande che si originano da queste domande a esser nuove, a indurci a fornire risposte nuove, in realtà. Come ad esempio: ho bisogno di sapere chi sono quando scrivo in rete? E dunque: fino a che punto so chi sono? Quanto c'è di me e quanto c'è di maschera in quel che scrivo? Sono sempre la stessa se scrivo sul blog, se scrivo una mail di maledizioni al burocrate di turno o se scrivo al professore anziano e degno di ogni rispetto? Ecatina può rispondere solo per sé (ma chi la legge potrebbe provare a porsi, per gioco, alcune di queste domande e rispondere per sé: ho scritto "potrebbe", si badi bene!). Inizio dalla fine (secondo la mia natura 'iperorganizzata'). Anche se varia il genere della scrittura, i difetti di Ecatina restano sempre gli stessi (gli stessi della donna di carne e sangue, beninteso): tendenza all'alluvionalità, all'impulsività, pignoleria all'estremo, frustrazione di sottofondo nel confrontarsi solo con una tastiera. Con questo rispondo alla seconda domanda: so chi sono nei limiti in cui ho consapevolezza dei miei difetti. Ma se scrivo 'per altri' dovrei tendere a presentarmi nella luce migliore possibile. Ed è qui - mi pare - l'aporia. Fra blog come 'presentazione' pubblica della nostra condicio humana, da un lato, e come strumento che per sua natura cerca l'interazione, dall'altro. Se non cercassi approvazione e scambio, anche 'a distanza', non terrei un blog. Perché la maschera, allora? Perché ognuno di noi, nella sua vita di carne e sangue, sa "che il mondo è pieno di gente che ama distruggere" (Colleen McCullough). E impara a proteggersi, ad assumere (almeno in parte) una maschera. L'essenza del problema consiste, mi sa, nel continuare a saper distinguere: cosa è davvero nostro (difetti inclusi) e cosa appartiene a 'come ci vendiamo' all'esterno. E saperlo trasmettere agli altri quando acquisiamo fiducia nei loro riguardi. Lo sappiamo davvero? Il blog ci aiuta in questo? Ecco, ancora domande. Non si può che lasciarle in sospeso, mi pare. Almeno per ora.