La rete ha qualcosa di magico. Connette, contamina, diffonde. Confonde. Questo è un nodo fra tanti, per aggiungere magia a magia.
14.5.05
Le due (cento, mille) città
Dell’antica Augusta Taurinorum non v’è più traccia. Questa la sensazione, al mio riandare labile su per i meandri della memoria. In fondo in fondo vi sono gli enormi complessi di architettura fascista sul Corso Vittorio, ancora superbi e lucidi nei loro marmi grigiastri e striati. Un po’ meno in fondo il verde del Valentino, i suoi marmi patinati dal tempo, il tiepido stormire e il beccheggiare e rollare di anatre e cigni. Le periferie grigie, segnate da binari, graffiti e sferragliate di tram. Il Politecnico quasi cadente, dove secoli fa avesti svelati i misteri dell’informatica applicata alle lettere. Il liberty maestoso e segreto, di città che si schiude malvolentieri agli estranei. Il caffè prediletto dal Benso Conte. Il sapore dei Peyrano che si srotola sulla lingua, dopo aver traversato città e lungofiume per ottenerli. La città di strade strette e lavori in corso cui ti rimandano letture antiche. Rari angoli docili, ornati di marmi opachi, che leghi in memoria ad agnolotti in brodo e brasato al barolo. Solo ora capisci: l’hai vista quasi sempre d’autunno o d’inverno. Una Torino d’estate non è immagine della memoria.