La rete ha qualcosa di magico. Connette, contamina, diffonde. Confonde. Questo è un nodo fra tanti, per aggiungere magia a magia.
30.9.05
Alla periferia del segno
Mi ha folgorato all'improvviso. E' che in altre nazioni (una per tutte: la Francia) si bada a coniare, per ogni termine straniero, il corrispondente nella lingua interna (pensiamo solo a ordinateur o fiche). Da noi (e la polemica sugli anglicismi e i francesismi è vitale e virale da tempo) si introduce senza colpo ferire la parola straniera nel linguaggio quotidiano, col risultato (temo, sì, temo anch'io) di perdere molta della bellezza originaria della lingua. Ma si fa di peggio, mi sa. Si ricorre (per una sorta di malinteso estetico esotismo) al termine straniero in luogo dell'italiano, perché "fa fino". Quante volte (per non parlare del tormentone: ça va sans dire) mi capita di scrivere (o di dire, il mio parlato non è poi molto distante dal mio scritto) "rentrée", "rêverie", "you welcome" e via elencando? Così si finisce anche per strafalcionare spesso: come quando, nell'ammirare un maggiolino decappottabile, si esclama "che delizia, quella chevrolet!".