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La rete ha qualcosa di magico. Connette, contamina, diffonde. Confonde. Questo è un nodo fra tanti, per aggiungere magia a magia.


26.7.06


Effetto jet lag (1)



Finalmente ci sei. Hai toccato il suolo degli States. Il viaggio, interminabile, dodici ore di cui una sulla pista di decollo a Heathrow a rullare insipienti, due a chiacchierare con gli amici ritrovati, tre a dormicchiare stretta nel tuo angolino al finestrino, qualche altra col naso incollato all'oblò a cercare di carpire i contorni della Groenlandia e quelli dell'Alaska. E ora. Controlli controlli controlli - divieti imperativi comandi - e ancora controlli, in un paese ossessionato dalla sorveglianza. Dove se resta incustodita due minuti una borsa arriva un esagitato della security nel panico più completo. Dove nel guardarti il passaporto ti prendono le impronte e pure le pupille (e ti fan levar gli occhiali, mai sia l'impronta venisse sfocata). Dove le videocamere sono ovunque. Dove nei grandi magazzini e nei ristoranti c'è, in un angolo discreta, la guardia armata. E pure. L'autista del pullmino dall'aereoporto guida senza cintura telefona senza auricolare e sfonda tutti i limiti di velocità - tanto da crederti svizzera, al confronto. Al ristorante pakistano il cameriere porta i piatti urlando e li sbatte sul tavolo con le salsine a tracimare ovunque. Gli spostati passeggiano per strada apostrofandoti, soffiandoti all'orecchio e biascicando per un quarter. L'America è un grande paese, non c'è che dire. Lo stordimento che mi trascino addosso non è che conferma.

Mi rendo conto bene solo ora. Ecatina e controllo son due determinazioni che si oppongono, i due estremi della non contraddizione. Forse non ci voleva la California per realizzarlo, ma tant'è ...