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La rete ha qualcosa di magico. Connette, contamina, diffonde. Confonde. Questo è un nodo fra tanti, per aggiungere magia a magia.


5.2.07


Dilemmi e (micro)drammi



Attonita verifico la mia tendenza - anche a non legger le quarte di copertina - ad acquistar libri, a distanza di tempo, con contenuti affini. L'altro l'avevo preso anni fa in Germania, avrebbe dovuto fornire aiuto nei processi decisionali. Questo pure nella terra di Goethe, ma il titolo induceva a presentire altro. E invece. Ancora il dilemma del prigioniero. Due criminali vengono arrestati, ma le prove nei loro riguardi, per una presunta rapina a mano armata, sono solo indiziarie. Chi li ha acciuffati necessita di una confessione, almeno di uno dei due. Li interroga separatamente, e pone ciascuno dei due dinanzi alla scelta: confessa (e accusa il tuo complice) e se confessi solo tu (e il complice tace) sarai libero (mentre lui sconterà 10 anni); se confessate entrambi, ognuno sconterà 5 anni di pena; se entrambi sono omertosi, non sarà possibile accusarli di rapina a mano armata, ma solo di un reato minore, per la pena di un anno. Ora parrebbe che la riflessione di entrambi sia: "se io taccio, e l'altro pure, ciascuno di noi sconterà un anno; ma se solo io taccio, e l'altro parla, io sconterò 10 anni, e l'altro verrà liberato; insomma, mi conviene 'cantare', per andare sul sicuro, anche se questo comporta che sconterò 5 anni". Il 'gioco' dimostra che il comportamento che si basa sulla diffidenza per l'altro non è quello che porta i maggiori vantaggi. I due se la sarebbero cavata meglio, entrambi, se avessero avuto fiducia reciproca. Pare qualcuno abbia detto che si tratti del comportamento evolutivamente più vantaggioso. Mi attendo, ovviamente, lumi dai matematici che leggono questo blog. Ma, di più, mi chiedo: perché mi capita, e così spesso, di verificare il contrario (leggi: la diffidenza come 'regola')? Quale la strategia per dare e ottenere fiducia?

Sul libro: è del matematico danese Tor Nørretranders (vi risparmio il titolo in tedesco, realmente equivoco, e l'unico motivo per cui l'ho scelto). Prisoner's dilemma e il programma Tit for Tat (il suo pendant informatico, ma forse non solo) rappresentano due fra gli approdi più interessanti della teoria dei giochi, con escursioni nella biologia, nell'antropologia e, ovviamente, nella teoria delle decisioni. Che, in un contesto di continuità, sia possibile legittimare la sensazione che a volte si coopera e a volte ci si contrasta, ma senza rancore? (forse continua ...)

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